Ogni Pillo(w)la ha la sua “copertina”     

Nella nona Pillo(w)la affrontiamo il tema della motivazione estrinseca e intrinseca. Per rappresentare i due concetti abbiamo scelto di utilizzare l’esperimento del “Candle Problem”, che ben dimostra la differenza tra le due tipologie di motivazione e gli effetti che hanno sulla risoluzione dei compiti. La scena è divisa in due parti, due aule: a sinistra viene rappresentata la motivazione intrinseca, a destra quella estrinseca. A simboleggiare la prima, infatti, c’è una studentessa che immagina il suo futuro: l’obiettivo per lei è quello di seguire le sue passioni e svolgere un lavoro che le consenta di perseguirle. Nell’aula di destra, invece, c’è uno studente concentrato e dedito al suo compito: il suo obiettivo è quello di focalizzarsi sulla carriera e raggiungere alti livelli di stipendio. Accanto a lui – per rappresentare la motivazione estrinseca – c’è il professore pronto a premiarlo per aver terminato per primo il compito. Infine, in entrambe le scene, abbiamo inserito due timer che mostrano il tempo in cui è stato risolto il “Candle Problem”: come spiegheremo meglio nell’abstract, gli studenti mossi dalla motivazione intrinseca hanno raggiunto l’obiettivo prima di quelli mossi dalla motivazione estrinseca.  

 

 Quanto può risultare proficuo utilizzare gli incentivi per motivare le persone?  

Nella Pillo(w)la precedente, abbiamo evidenziato come uno degli obiettivi da raggiungere è lo sviluppo del pensiero laterale degli studenti. Un grande ostacolo al raggiungimento di tale scopo è rappresentato dall’adozione di metodologie basate sugli incentivi: è stato, infatti, dimostrato che il sistema bastone-carota può risultare controproducente per lo sviluppo della creatività. Al contrario, la strategia migliore da seguire è quella di incoraggiare la propensione ad agire per curiosità o per passione. 

I due concetti appena descritti fanno riferimento a due tipologie di motivazione che spingono l’uomo a compiere delle azioni e che possono produrre due effetti differenti: parliamo di motivazione estrinseca e motivazione intrinseca. La prima fa riferimento agli incentivi, che possono essere di tipo sociale, economico o aziendale: un aumento di stipendio o l’assegnazione di un benefit come premio per aver raggiunto un determinato risultato. La motivazione estrinseca riguarda anche l’aspetto morale, oltre l’incentivo economico: svolgo il compito per senso del dovere o perché è quello che gli altri si aspettano da me. L’azione compiuta grazie ad una motivazione estrinseca può essere utile per svolgere compiti di routine e decisioni lineari, ma risulta controproducente quando viene richiesta creatività e pensiero critico.  

La motivazione intrinseca è quell’energia che l’uomo possiede – che le macchine, per natura, non possono avere – e che lo spinge a compiere azioni o svolgere compiti per interesse e curiosità. In poche parole, è quella forza che ci invoglia a fare qualcosa perché ci piace, ci appassiona. Tale tipologia di motivazione entra in gioco quando si parla di creatività, apprendimento e pensiero laterale.  

Quali sono le leve che stimolano la motivazione intrinseca? Secondo il modello di Pink [1], sono 3 gli elementi su cui si basa questa tipo di motivazione: l’autonomia, la padronanza e lo scopo. Le persone, infatti, sono più motivate a compiere azioni secondo i propri interessi e passioni, se liberi di decidere come, quando e con chi portare a termine il compito. Allo stesso tempo, però, l’autonomia non è sufficiente se non è accompagnata anche dalle competenze: le soft skills e le hard skills, insieme. Infine, affinché le persone siano motivate, devono avere un obiettivo comune da raggiungere e sentirsi parte di un progetto: quel desiderio, proprio degli individui, di fare ciò che vogliamo fare per raggiungere qualcosa di più grande. 

Alla luce di quanto detto, risulta evidente l’effetto che le due tipologie di motivazione possono avere. In generale, è possibile affermare che se alle persone, già intrinsecamente motivate a fare qualcosa, vengono offerti degli incentivi, l’effetto che si otterrà sarà quello di far diminuire la dedizione al compito, invece di aumentarla: la motivazione estrinseca, di fatto, sostituirà quella intrinseca. In sostanza, per i lavori che richiedono creatività e pensiero laterale le ricompense non faranno altro che peggiorare la qualità del compito realizzato. Ne consegue, dunque, che la motivazione non può essere additiva: se aggiungiamo una delle due tipologie di motivazione, infatti, potremmo non attivare le giuste energie per ottenere un lavoro di qualità.  

Nell’attuale sistema scolastico e nelle organizzazioni si utilizzano maggiormente gli incentivi, invece di far leva sulla motivazione intrinseca. L’apprendimento, infatti, non è visto come divertimento e il sistema non invoglia a studiare per passione e per accrescere il proprio bagaglio culturale; al contrario, l’obiettivo da raggiungere è il voto più alto: l’incentivo, appunto. Una situazione analoga si verifica all’interno delle aziende e delle organizzazioni: i bonus e i riconoscimenti economici sono gli elementi sui cui si basa, nella maggior parte dei casi, il sistema di motivazione dei dipendenti.  

Nella prossima Pillo(w)la, dunque, vedremo come si può riformare il modo di lavorare all’interno delle organizzazioni, favorendo la motivazione intrinseca. 

[1] Pink D., Drive: The Surprising Truth About What Motivates Us (2009) 

Dai un’occhiata alla videolezione:

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