Parole di moda in tema di #OrganizationalDesign: confronto estemporaneo tra #resilienza e #antifragilità. Ma in sostanza cosa fa di un’organizzazione un sistema che vive bene nell’incertezza?
La resilienza organizzativa è l’abilità di una struttura di resistere, assorbire, saper recuperare e adattarsi di fronte ad un cambiamento radicale ed inatteso. In sintesi, resilienza significa per un’organizzazione riuscire a sopravvivere alla variabilità ambientale senza sostanzialmente cambiare la propria identità.
L’antifragilità è qualcosa di più: in qualche modo è la capacità di un sistema di acquisire energia dalla variabilità ambientale e introitarla, prosperando in un contesto che cambia continuamente.
Ma come fa un’organizzazione a diventare antifragile? La risposta che per prima è stata data è che l’organizzazione dovrebbe acquisire una filosofia #agile: arricchire i ruoli, aumentare l’autonomia e le competenze delle persone, sviluppare tecnologie abilitanti per il #designthinking, definire un quadro culturale e valoriale innovativo, potenzialmente creativo. Ma il problema è che questo non basta (d’altronde la parola “agile” è contenuta sia in “fragile” che in “antifragile”). Come fa questa organizzazione così flessibile e capace di riorganizzarsi a reagire immediatamente al cambiamento? Serve una capacità “centralizzata”, ma anche accessibile da tutte le componenti, di leggere in anticipo il mondo mentre cambia. E questa è l’opportunità che ci offrono i #BigData: da cogliere sviluppando la capacità di raccoglierli, comprenderli, valorizzarli, sempre attorno a valori definiti e lungo una rotta tracciata e poi ridefinita da una chiara e condivisa visione (però sempre soggetta a “re-visione”). Una capacità di ripianificazione e poi di riorganizzazione continua, atomica, basata sull’analisi continua dei dati, sfruttando la tecnologia che ci consente, come non mai, di conoscere i fenomeni, studiarli, anticiparli.
La parola chiave di questo contesto è allora la risposta alla #variabilità: il principio alla base della nostra abilità di spiegare il mondo. E non è un caso che anche il termine “abilità” sia contenuto nella parola “variabilità”.
E poi d’altronde la tecnologia è uno strumento potentissimo per questo percorso. Sia per rendere agile il modo di lavorare, destrutturato, creativo ma immediatamente capace di allinearsi e condividere le informazioni. E poi, ovviamente, sono le tecnologie ad abilitare la capacità di acquisire, gestire, valorizzare i dati in modo sistemico, sistematico ed efficiente. Ma questa seconda forza quasi mai è nelle mani delle singole organizzazioni, rappresentando una vera “infrastruttura”, un “bene pubblico”, con evidenti potenziali esternalità. Per questo, serve il supporto del sistema economico, pubblico e privato, per rendere sinergico questo processo e competitivo l’intero processo. Ma questo è davvero un altro tema.
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